Ieri si è conclusa ad Alessandria l’ultima tappa di scouting del tour Piemonte, prima fase dell’iniziativa “Biella Barcamper Competition” promossa da Banca Sella e Lanificio Reda nell’ambito di Biella Città Digitale, tour per il quale come dPixel stiamo curando il project management e l’intera impostazione progettuale.
Il tour era partito il 15 ottobre da Biella e, dopo la parentesi SMAU, ha toccato questa settimana Torino, Ivrea, Vercelli, Novara.
In 10 giornate di scouting abbiamo incontrato 97 aspiranti startupper, una quindicina in più rispetto al b-test tour fatto a giugno in Calabria per il progetto IdeaTour di TechNest.
Ecco qualche considerazione a margine:
Efficienza:
L’idea di fare “scouting a km 0”, cioè andando noi dagli aspiranti startupper e non il contrario, era nata originariamente per far fronte a una precisa esigenza di “smaltimento” del maggior numero di contatti, business plan, pitch e quant’altro, che riceviamo giornalmente in ufficio a Milano, nel minor tempo possibile. Per il nostro team di deal-flow, impegnato non solo nello scouting ma anche nelle attività di mentoring delle controllate, completare il processo di valutazione di 100 idee (e dico completare, quindi decretare il prosieguo o meno dell’interesse sull’iniziativa) in maniera tradizionale vuol dire: esaminare la documentazione, fare una selezione preliminare sulla carta, prendere in carico le idee più interessanti, programmare gli incontri con gli imprenditori, realizzare gli incontri face-to-face, decidere se e come proseguire. Più o meno tre mesi di lavoro, andando veloci. Col Barcamper tutto il processo diventa estremamente efficace: una volta programmato il tour, gli aspiranti startupper prenotano un incontro tramite il ns. website nella location più comoda, incontrano il nostro team, ricevono un feedback, fine. Due settimane, cento pitch.
Qualità:
In dPixel usualmente riceviamo ogni anno dai 1500 ai 2000 business plan. Dall’esame di un documento asettico, per quanto approfondito possa essere, risulta impossibile valutare tutta quella serie di elementi impalpabili in grado però di fornire all’investitore indicazioni preziosissime sull’idea e sulla capacità di trasformarla in impresa (es. l’entusiasmo del team, il committment, la “chimica” tra i membri, la “pasta” delle persone, ecc.). Questo è vero indipendentemente dalla maestria nel saper redigere un business plan convincente (internet è piena di templates, how-to, tools, ecc.) e il rischio è che dietro un business plan zoppicante per mancanza di perizia, si nasconda una buona idea e un team da “serie A”. Col Barcamper, in mezz’ora di one-to-one è possibile al contrario avere immediatamente un quadro chiaro dell’idea e del team proponente. Solo dopo l’incontro, se del caso, può essere richiesto un approfondimento documentale a supporto della proposta (in genere pitch e business plan). La qualità della valutazione è sicuramente più elevata se preceduta da un incontro face-to-face con l’aspirante startupper.
Prossimità:
Come funziona dal lato startupper l’approccio verso gli investitori? In genere invio della documentazione e speranza di essere contattati. Ma, atteso che questo porti all’incontro (vedi punto sopra) quanti fanno così? Quante ottime idee, magari ancora in uno stadio troppo embrionale per essere documentate, rimangono nel cassetto? Molte, moltissime. Questo succede generalmente perché la maggior parte delle business ideas (circa il 70% secondo il recente studio STARTUPS IN ITALY - FACTS AND TRENDS // MIND THE BRIDGE - SURVEY 2012) nascono nelle camerette di giovani studenti o nei centri di ricerca universitari, e i proponenti, i c.d. nerds, magari bravissimi sotto il profilo tecnico e tecnologico non hanno nessuna competenza per redigere un piano d’impresa, né il tempo di documentarsi, tipicamente non sanno nulla del mondo della finanza e vedono i VC di Milano come dei mostri sacri pronti a impadronirsi delle loro anime oltre che delle loro idee. Cosa fanno quindi? Niente. Molti non fanno niente, non hanno il coraggio di confrontarsi con il mondo degli investitori, non sanno fare un business plan, lasciano l’idea lì, forse ne parlano nei loro circoli autoreferenziali e aspettano l’occasione buona per potersi affrancare. Non si sentono ancora degli startupper né parte dei network dedicati. Ecco, noi col Barcamper vogliamo essere quella “buona occasione”, vogliamo dare a tutti questi talenti la possibilità di essere al posto giusto al momento giusto. Come? Andando da loro, nei luoghi dove nasce l’innovazione, abbattendo così molte delle barriere culturali che si frappongono tra il proponente e l’investitore.
Non trascuriamo poi l’aspetto ludico. Andare in giro per l’Italia a cercare startupper è straordinariamente divertente, formativo, arricchente e il confronto con gli aspiranti startuppers, buona o no che sia l’idea, lascia sempre un valore aggiunto di umanità che è impagabile, anche perché mettiamo le mani nel futuro delle persone e dobbiamo farlo con molta delicatezza.
Direi che, senza saperlo, abbiamo realizzato in pieno la previsione di ipernomadismo preconizzata da Attali nel suo saggio “Breve storia del futuro”.